lunedì 17 maggio 2010

Intervento in aula dell’On. Maurizio Bianconi sul tema della cittadinanza

Di seguito un intervento dell'On. Bianconi (PDL) sul tema della cittadinanza

Discussione generale del T.U. 103 A - ED ABB Nuove norme in materia di cittadinanza

Intervento in aula dell’On. Maurizio Bianconi

Signor Presidente, qui stiamo parlando di un falso problema; ognuno, poi, ci mette del suo. Intitolerei questo mio intervento, se fosse possibile: «Cittadinanza: falso problema» e come sottotitolo «Sicurezza e cittadinanza: due termini che non hanno nulla in comune».

Bisogna fare, in qualche modo, chiarezza su un tema in cui tutti si sono mossi con i più vari voli pindarici: abbiamo sentito anche un bel discorso solidarista del capogruppo del PD, ma che non c'entrava niente, proprio niente! Pag. 57

Bisogna partire dalla nostra Carta costituzionale, perché essa è fondante per noi, ce lo siamo detti più volte; anzi, essa viene ritenuta intangibile nella prima parte. Se guardiamo la Carta costituzionale, ci accorgiamo di una cosa strana: la cittadinanza non è definita, signor Presidente, ma si parla spesso di cittadini, di cittadinanza no!

Qualcuno potrebbe dire che i padri costituenti si sono dimenticati della cittadinanza. Non è che se ne sono dimenticati: in termini tecnici, si dice che la Costituzione non pone la cittadinanza perché la presuppone, cioè è uno dei tanti concetti che la nostra civiltà, il nostro ordinamento e il nostro vivere insieme danno talmente per scontato da non essere definito all'interno della Costituzione, ma si definiscono invece i diritti e i doveri dei cittadini.

Bisogna partire da qui: lo dico al professor Zaccaria, all'onorevole Bressa e a tutti quelli che sembrano scordarsi della Costituzione, che invece dovrebbe essere, specie per chi, come me, è componente della I Commissione, oltre che alla propria vita scientifica, il pane quotidiano.

Il fatto che la cittadinanza sia presupposta significa che, per modificare questo dato, bisogna porre un nuovo concetto di cittadinanza, ed esso, non valendo più quello presupposto, andrebbe scritto all'interno della Costituzione, in quei principi che nessuno, però, vuole toccare.

Si dice che è talmente cambiata la società, che siamo di fronte ad un fenomeno talmente sconvolgente (si dice anche con termine tecnico ex rebus ius, dalle cose bisogna fare il diritto: siccome cambia, è sconvolto tutto, allora bisogna cambiare qualche cosa), bene! Una cosa, la più epocale, che è cambiata nel nostro stare insieme è l'Unione europea: noi non siamo più Stato nazionale, ma dobbiamo collegarci all'Unione europea, la quale definisce la cittadinanza. Sapete che un cittadino italiano è automaticamente cittadino europeo, un cittadino francese è automaticamente cittadino europeo. Si chiama, in termini tecnici, cittadinanza duale: il Trattato di Maastricht definisce la cittadinanza e stabilisce che ha la cittadinanza europea, quindi quella duale, chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. Che significa? Significa che, di fronte a questo grande cambiamento, ossia che da nazione siamo diventati Europa, anche l'Europa attribuisce il concetto di nazionalità a quello di cittadinanza; cioè non cambia minimamente il dato presupposto dalla nostra Costituzione e dispone che si è cittadini europei se si appartiene ad uno Stato nazionale, vale a dire ad una determinata cultura, ad una determinata identità, che si fa territorio perché si fa Stato attraverso il territorio. Anche l'Unione europea, quindi, ci offre questa lettura della cittadinanza e se noi la volessimo cambiare, amici miei, colleghi, dovremmo anche andare a chiedere ai nostri partner europei come si cambia il Trattato di Maastricht, perché nel momento in cui noi scegliamo un cittadino italiano in una certa misura consegniamo ai nostri partner un cittadino europeo: ma di questo nessuno parla, nessuno parla della Costituzione, nessuno parla del Trattato di Maastricht.

Perché è un falso problema? Perché si dice una cosa che non sta né in cielo né in terra, né dal punto di vista contenutistico, né scientifico: la cittadinanza sarebbe portatrice di diritti. Questo è un film! La cittadinanza è soprattutto portatrice di doveri, non di diritti! E questo è il tasso veramente di basso profilo di questo dibattito, che si è detto alto ma che racconta un'altra storia. La cittadinanza è portatrice soprattutto di doveri, la cittadinanza si definisce munus, diritto-dovere; in diritto privato, tanto per far capire a chi non è esperto di queste cose, il munus è quello della potestà dei genitori: hai più doveri che diritti e li devi esercitare. E così è la cittadinanza: è la comunità che ti accoglie, che ti prende come figlio, che dice: sei degno di stare con noi e ti riconosco una serie di diritti, tutti scritti nella Costituzione. Ti dice che devi lavorare, sempre però che il tuo lavoro concorra al progresso materiale e spirituale della nazione; ti dice che la difesa della Patria è un sacro dovere, quindi ti chiede la vita: sei cittadino, puoi morire in guerra Pag. 58per la tua Patria; ti obbliga alla fedeltà alla Costituzione e alle leggi. Questi sono i doveri dello status di cittadinanza, che non è un diritto, è uno status! E porta però un altro diritto, che a sua volta veniva definito, viene ancora definito diritto-dovere: quello di voto.

L'unica controprestazione che vi è alla cittadinanza è che si vota. Tutti gli altri diritti che vengono sbandierati come portati dalla cittadinanza - e si sente parlare di Staten Island, e si sente parlare delle storie dei migranti italiani e dire che siamo figlioli di emigranti: vero, verissimo - ma non c'entrano niente con questo, è un'altra novella. La cittadinanza porta soltanto e principalmente doveri, porta però un diritto: quello di voto. Perché tutti gli altri diritti, colleghi, sono portati dalla Costituzione, sono portati dalle convenzioni internazionali, sono portati dalle sentenze, che ogni tanto si ricorda anche l'onorevole Bressa, della Corte costituzionale. Le nuove libertà sono portate da quelli, i diritti sociali sono portati dal nostro Stato sociale: non c'è straniero che non abbia assistenza sanitaria, non c'è straniero che non abbia diritto al lavoro, non c'è straniero che non abbia diritto alla tutela dei propri diritti, alla libertà personale, a svolgere attività politica!

Questi diritti non li porta la cittadinanza, ma il fatto di essere persone in uno Stato democratico che ha la sua Costituzione, le sue convenzioni e la sua giurisdizione. Allora, che storia è questa che raccontate, per cui dite che non è un atto concessorio? La cittadinanza ha soprattutto l'aspetto premiale: lo Stato accoglie nella comunità un uomo, una persona, un individuo al quale chiede di spendere la vita per quella patria, al quale chiede fedeltà alle leggi e alla Costituzione e al quale chiede più sacrifici che diritti, e gli dice che può concorrere con il voto alla politica di quel Paese.

Il resto non c'entra niente: la cittadinanza non è un diritto, è uno status, non porta diritti, porta più doveri che diritti! Che novella raccontate da mesi e mesi nei talk-show? Cosa ci dite, anche gli avveniristi della mia parte politica? E che c'entra, amici della Lega, la cittadinanza con la sicurezza? Quando uno straniero ci può stare o non ci può stare e delinque, che sia cittadino o che non lo sia, cosa cambia? Abbiamo bisogno di una comunità che dia carattere premiale alla cittadinanza, che aiuti sì i processi integrativi ma che metta al culmine di questo processo il premio della cittadinanza, senza abbassare la cittadinanza allo status di essere italiano ed europeo, ad un mero strumento di integrazione, avvilendo completamente l'istituto, la Costituzione, il nostro diritto e la nostra tradizione ed avvilendo anche quei minori che si vogliono tanto tutelare.Ma vi rendete conto di cosa dite riguardo ai minori? Voi pretendete che un padre ed una madre stranieri residenti in Italia che hanno scelto di rimanere stranieri debbano andare davanti ad un ufficiale di certificazione presso il comune o chissà dove per dire: voglio che il mio figliolo sia italiano! Voi dite infatti questo: sopprimete la volontà del minore e date una cittadinanza quasi coatta. L'atto volontario di ambire è nelle mani di stranieri e togliete facoltà al minore, dal momento che tante nazioni non danno la doppia cittadinanza. E se poi lui a diciotto anni vi rinunzia o gli viene revocata ne fate un apolide, compite un atto di violenza integrativa.

È un atto di violenza come quello di alcuni americani, che volevano far diventare i pellerossa tutti americani e gli mettevano il cilindro ed il frac come gli americani senza rispettarne l'identità. Voi usate una violenza tremenda anche sui minori: i minori che si trovano qui devono essere educati, devono avere rispetto delle regole, devono stare con noi; ma noi dobbiamo rispettare la loro identità e se vogliono diventare cittadini italiani lo diventeranno, e non con il buon cuore di questo pseudo-solidarismo che mira soltanto a cambiare la platea elettorale, sfruttando i buoni sentimenti di questo Paese.

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